Piazza Affari torna italiana, almeno in parte. Dopo 13 anni sotto la proprietà inglese di London Stock Exchange, quest’ultima, sotto la pressione delle autorità Antitrust di Bruxelles, ha venduto Borsa Italiana per ben €4,3 miliardi a Euronext (società quotata), Intesa San Paolo e Cassa Depositi e Prestiti. Di fatto, la transazione effettuata faciliterà la costruzione di un nuovo spazio finanziario attorno a Milano con conseguenti benefici all’economia meneghina e nazionale, già provati dall’emergenza Covid-19.
Secondo gli acquirenti, questa mega operazione getterà le basi solide per l’unione europea dei capitali. A quanto riporta la Repubblica, il gruppo Euronext, con l’integrazione di Borsa Italiana, diventerà la prima piazza finanziaria in Europa, con oltre 1.800 società quotate e 4,4 mila miliardi di euro in termini di capitalizzazione aggregata delle società quotate. E come se non bastasse, l’amministratore delegato di CDP, Fabrizio Palermo, sottolinea che la presenza di CDP nell’operazione porterà Piazza Affari all’interno di un gruppo paneuropeo con una presenza stabile di investitori italiani. “CDP – citando le parole di Palermo – estenderà il proprio impegno di investitore di lungo periodo a sostegno delle imprese che potranno beneficiare di un mercato dei capitali a guida italiana in una più ampia prospettiva di respiro europeo”. E se effettivamente il processo di acquisizione non si concluderà prima del 2021, è lecito iniziare a riflettere sui potenziali benefici che questa operazione creerà in primis per Milano ma anche per l’Italia intera.
In primo luogo, Piazza Affari ha un mercato azionistico relativamente piccolo. Ad oggi, la Borsa di Milano vale “appena” 700 miliardi di euro, numeri modesti se comparati con le realtà internazionali. Questa nuova acquisizione riuscirà nell’intento di attrarre capitali e società? In secondo luogo, come ricorda Milano Finanza, Piazza Affari ha una delle piattaforme tecnologiche più sofisticate al mondo, dettaglio non da poco. Se questa qualità venisse gestita al meglio, creerebbe un vantaggio competitivo notevole sulla scena internazionale. In terzo luogo, l’uscita di scena di Londra, a causa della Brexit, spiana un’autostrada alla ricezione di numerose attività finanziarie precedente legate all’UK: banche di patrimoni, società di intermediazione finanziari, società di gestione ecc. Milano non deve assolutamente farsi scappare l’occasione di assorbire questi investimenti in fuga dal suolo britannico.
La strada è ancora lunga, i problemi sono ancora molti. La solita burocrazia italiana legata all’incertezza della giustizia rallentano gli investitori italiani e stranieri. A questo si aggiunga la tradizione del Bel Paese di essere restio agli investimenti azionari, come testimonia, per esempio, i bassissimi numeri di investimenti dei fondi pensione nel mercato azionario da parte degli italiani rispetto a nazioni di ugual sviluppo. Quanto indotto finanziario ed economico si creerà a Milano grazie a questo progetto si capirà presto. Nel frattempo, c’è la certezza che Piazza Affari si sia già fatta più tricolore e nel mondo globalizzato in cui si vive oggi non è qualcosa di scontato.
Roberto Biondini