Draghi e lo Spazio lib-dem: quale futuro?

Mentre Mario Draghi si accinge a presentare alle Camere il suo Gabinetto, sorge naturale – ed inevitabile – la domanda: che effetti avrà questo nuovo Governo, per come è nato e per come si è costruito, sull’azione di Spazio Milano?

Nonostante la suggestione tuttora esercitata dalla famosa immagine della teoria della complessità, per cui il battito d’ala di una farfalla in un’isola dei Caraibi può provocare un tifone nel mar della Cina, non ha evidentemente senso pretendere con questa domanda di stabilire una relazione causale tra due fenomeni (il Governo Draghi e la nostra piccola associazione) così incommensurabilmente diversi.

E purtuttavia, la domanda un qualche senso ce l’ha. Spazio Milano è nata in un momento in cui la cultura e la politica liberaldemocratica apparivano essere state messe completamente ai margini, tra sovranismi e populismi vari, non solo a destra e da parte della ditta Travaglio-Gruber-Padellaro, ma, ahinoi, anche a sinistra (citofonare Bettini, Boccia, Provenzano, facente funzione Zingaretti).

Ora che il Presidente Draghi, con la sicura sponsorship esercitata dal Presidente Mattarella, ha messo insieme lo schieramento parlamentale quasi al completo, ma soprattutto ha dato nuova voce e visibilità a chi, nei partiti, più o meno coerentemente cercava di tenere accesa una prospettiva pragmatica, in un qualche senso riformista, ci si deve chiedere se questa improvvisa e decisa riaffermazione di una opzione liberaldemocratica a livello governativo e parlamentare apre nuove possibilità a soggetti culturali-politici come il nostro, oppure il nuovo trend (alla “orange is the new black”) rischia di oscurarne l’iniziativa?

Cosa deve fare – o non fare – Spazio Milano per proseguire nella sua, peraltro recente, impresa? Unirsi al coro? Segnalare incoerenze e passi indietro nell’azione di Draghi e della sua squadra (si sa che l’idealizzazione è spesso l’anticamera della demonizzazione)? Indicare temi puntuali e traguardi innovativi di una effettiva politica liberaldemocratica? E questa azione la deve continuare a svolgere con un orizzonte metropolitano, o può osare di spingersi un poco più in là? Come direbbe il Bardo, “That is the question”.

Dario Forti

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