A che serve un’Unione Europea incapace di trattare con Big Pharma sui vaccini? Che fa il Parlamento europeo? Non è meglio fare da noi, come la Germania che compra i vaccini per conto suo? Ah, se fossimo Israele, che ha risolto brillantemente il problema e sono già tutti vaccinati! O l’Inghilterra, che fuori dalla UE ha vaccinato già 15 milioni di cittadini e ha vaccini in abbondanza.
Questo è il lamento costante di questi giorni, la protesta che sale anche da giornali e televisioni “progressisti”, e fino a ieri “europeisti”. Ora il presidente Draghi partecipa all’ennesimo Consiglio europeo, il vertice dei capi di stato e di governo a cui da molti anni siamo abituati ad assistere. Da questo consesso ci aspettiamo la risoluzione dei nostri problemi. Vaccini compresi. Ma è proprio così? Il ripetersi negli ultimi anni di questi vertici, il “Consiglio Europeo”, per lo più a Bruxelles, ci svela una verità e un rischio.
La verità è che si dà grande rilievo a questi vertici perché si è capito che contano. Vi partecipano quelli che contano davvero, da Macron a Merkel, ora Draghi, cioè coloro che rappresentano il potere esecutivo dei ventisette Stati della UE. Quindi la verità è che le loro decisioni producono conseguenze concrete sui cittadini europei.
Qual è il rischio? Che quella che chiamiamo “Europa” sia solo il Consiglio. Ormai nell’immaginario collettivo l’Unione Europea è il Consiglio. Chissà che cosa pensa il cittadino medio di Ursula Von der Leyen, la presidente della Commissione europea. Ma che cosa sarà la Commissione? Boh, tutte complicazioni della burocrazia UE! Si sa che quelli che contano stanno al tavolo del Consiglio. E allora? Allora il rischio, ormai diventato una dura realtà, è che l’Unione Europea, la UE, siano i ventisette Stati membri. Uno ad uno.
Se è così, è chiaro che come nei secoli scorsi, quando c’erano le alleanze tra Prussia e Francia, tra Austria-Ungheria e Spagna, anche adesso ci sono le alleanze de facto, quella tra gli Stati del Sud, gli “spreconi”; o quella tra i “frugali” (Austria, Olanda, Svezia e altri); o i “quattro di Visegrad” (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia). E così via. E l’Unione dov’è? Se il cittadino medio (il nostro politico medio, il giornalista medio) si prendesse la briga di leggere un po’ le carte, o almeno compulsare Wikipedia, capirebbe che il Consiglio è un organo atipico. Come se in Italia ci fosse da un lato il Parlamento, dall’altro il Governo, e tra i due un terzo organo, mettiamo, con i capi dei principali partiti, che in realtà però decide tutto, e poi dice al governo cosa deve fare. Così avviene oggi più o meno nell’Unione europea. La Commissione è diventata di fatto, dopo il Trattato di Lisbona del 2006, l’ombra di un organo esecutivo (come in teoria sarebbe), limitandosi a fare proposte al Consiglio o ad attuare le sue scelte. Ah, scusate c’è la “co-decisione”! Certo, Parlamento e Consiglio decidono insieme sui regolamenti (le direttive, cioè le leggi), e sul bilancio pluriennale. Su cui, grazie a Dio, almeno una volta ogni sette anni il Parlamento ha potere di veto. Poi basta, conta solo il Consiglio, dove via via gli Stati decidono cosa fare.
Volete un esempio? La pandemia. Premesso che la sanità non è materia UE, come la fiscalità, la giustizia, gli affari interni e la difesa, che hanno fatto gli Stati un anno fa? Andate a rileggervi i giornali dell’epoca. L’Italia è colpita dal virus. Gli altri Stati no, tranne qualche cinese proveniente da Wuhan, subito isolato. E allora via con la chiusura delle frontiere, alla faccia del trattato di Schengen, via con il cordone sanitario contro l’Italia, l’untore d’Europa! In pochi giorni però il virus sbarca in Spagna, in Francia, e in altre parti d’Europa. E allora? Ogni Stato cerca mascherine Ffp2, chirurgiche, disposto a qualunque cosa per averle, impedendo alle proprie aziende di esportarle verso l’Italia, poi cerca i famosi ventilatori polmonari, sempre col blocco delle esportazioni. Scusate: e il mercato comune aperto e libero? Dov’è finito? Morto, quando una minaccia grava sul singolo Stato membro. Ognuno per sé. Chi è più forte si salva, chi non ce la fa affoghi pure. E’ questa l’Unione Europea?
Senonché qualcuno a Bruxelles (la Commissione) si rende conto che la costruzione europea, così fragile, e sotto attacco permanente dei populisti, rischia di crollare definitivamente. E allora si convoca un Consiglio (sic!), anche in videoconferenza, per decidere che forse è meglio unirsi, fare fronte comune davanti a un virus che non si ferma ai confini amministrativi. Il Consiglio si riunisce, e decide che dopo il crollo delle economie per i vari lockdown si debba varare un grande piano “di ripresa e resilienza”, e quindi dà mandato alla Commissione di preparare una proposta, e di trattare con le case farmaceutiche di tutto il mondo, che intanto si stanno proponendo, per prenotare i vaccini anti-Covid, peraltro tutti di là da venire nella primavera 2020.
Allora, ecco l’ultima chance per la UE: un grande debito comune che la Commissione – in quanto esecutivo dell’Unione – assume su di sé per 750 milioni di euro, e una grande operazione di pre-acquisto di due miliardi di dosi di vaccini di tutte le case produttrici conosciute. Per 500 milioni di abitanti vuol dire la salvezza.
La conclusione. L’Unione Europea, se esiste come tale, è la Commissione, nel bene e nel male (e può certamente aver sbagliato nelle trattative sui vaccini). Cioè un esecutivo vero, comunitario, e non intergovernativo (come il Consiglio). Ed ecco perché oggi dobbiamo credere nella Commissione, e spingere per incrementarne il potere reale e le competenze (la “cessione di sovranità” di cui ha parlato Draghi). Perché la UE è la UE dei suoi organi “comuni”, e non dei singoli Stati membri.
Raffaele Raja