La Consulta ha bocciato il quesito referendario che voleva istituire una forma di responsabilità risarcitoria per i giudici che commettono errori per colpa grave. E la reazione emotiva non si è fatta attendere: si è sostenuto che la Corte Costituzionale abbia protetto i colleghi magistrati dal rischio di pagare per gli errori commessi. Ma in realtà la Consulta ha bocciato il quesito perché esso prevedeva una forma di responsabilità diretta, mentre la nostra Costituzione ne prevede una indiretta. Per essere più chiari, la Costituzione dice che chi è stato danneggiato da un giudizio errato deve rivalersi contro l’istituzione e non il giudice, come invece vorrebbe la forma di responsabilità diretta. La Consulta dunque non vieta una forma di responsabilità per la magistratura, purché essa sia di natura indiretta, così come prevede la Costituzione.
Ma cerchiamo di capire ora qual è la situazione di chi viene danneggiato dalla magistratura. Dunque, per prevedere che un giudice risarcisca gli errori dovuti a colpa grave, bisogna intanto riconoscere che chi ha subìto un danno, ad esempio scontando 4 anni in carcere senza motivo, abbia il diritto a essere risarcito. Ecco, sedetevi onde evitare svenimenti, perché lo Stato italiano 3 volte su 4 vi incarcera ingiustamente, ma poi vi dà pure la colpa di esservi fatti incarcerare e quindi…niente risarcimento. Solo il 25% delle persone ingiustamente detenute ha la fortuna di ottenere un risarcimento, generalmente ridicolo.
Vi è chi, come Raffaele Sollecito, dopo 4 anni di detenzione in massima sicurezza per un omicidio da lui non commesso, si è visto negare il risarcimento perché secondo i giudici avrebbe potuto evitare il carcere accusando del delitto Amanda Knox. E questo nonostante lui la sapesse innocente e in quel momento Amanda fosse già stata assolta con sentenza definitiva. In pratica la Corte ha detto: “bastava che tu accusassi quell’altra innocente, e non saresti finito in carcere. Hai voluto fare il puro, il moralista che non accusa gli innocenti…mo’ so’ cavoli tuoi”. Un caso isolato? Niente affatto. Corrado Di Giovanni si è fatto 450 giorni in carcere per rapina. E quando finalmente si scopre che c’è stato uno scambio di persona, Di Giovanni viene rilasciato, ma nel frattempo ha ormai perso tutto, lavoro, guadagni e reputazione e intende rifarsi chiedendo un risarcimento, che viene però negato. Perché? Perché quando parlava al telefono non chiudeva certe frasi, usava sempre espressioni tipo: “quella cosa da fare”, “digli quella cosa”, e usava soprannomi come “ho incontrato il capellone”, e tutto ciò lo rendeva sospetto, criptico, una sorta di colpevole in cerca di diletto e quindi, non meritevole di un risarcimento. Al limite della credibilità vi è poi la storia di A.V. difeso dall’Avv. Radi, molto impegnato con l’associazione “Errori Giudiziari”. A.V. fu arrestato e detenuto per 433 giorni per aver commesso due reati. In realtà A.V. aveva sì commesso quelle azioni, peccato che non fossero più punibili (un reato era stato abrogato, quindi non era nemmeno un reato, l’altro era oggetto di indulto). Nonostante ciò venne arrestato e poi condannato, finché, ricorrendo al giudice dell’esecuzione (cioè il giudice che cura l’esecuzione della pena) ottenne la scarcerazione. A questo punto chiede un risarcimento che però gli viene negato perché, (credeteci, è così), spettava a lui dimostrare che lo Stato lo stava arrestando giustamente. Per questa ragione, se mai la polizia busserà alla mia porta, li obbligherò ad attendere almeno 3 mesi, perché in quei 3 mesi ripasserò tutti i manuali di diritto che ho in casa. Sono certo che aspetteranno pazientemente, d’altra parte spetta al cittadino avvertire la polizia di quando può o non può arrestare qualcuno, nevvero?
Ebbene, questo per dire cosa? Che se vogliamo che i giudici risarciscano i cittadini per gli errori commessi con colpa grave, si deve prima cominciare dal riconoscere un diritto a essere risarciti. Attualmente serve ancora riconoscere che un cittadino che passa ingiustamente anche solo un giorno della sua vita in un inferno in Terra, abbia diritto a un risarcimento. Perché se lo Stato attribuisce 3 volte su 4 la responsabilità di un errore giudiziario al povero cittadino che finisce dietro le sbarre, significa che solo 1 volta su 4 ammette un errore. Ebbene, se poche sono le volte in cui una Corte giudiziaria riconosce l’errore, quante volte riconoscerà che quell’errore è stato perfino “grave”? Secondo me 1 su 10 è veramente ottimistico…facciamo che “1 su 1000 ce la fa” per citare Morandi, o meglio ancora, “una su un milione” per citare Alex Britti, anche se ho impressione che la citazione più adeguata sia: “l’anno che verrà”, di Lucio Dalla, un mondo in cui “sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, ogni Cristo scenderà dalla croce, ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare…” e i magistrati, come tutti, risarciranno i cittadini per gli errori commessi con colpa grave. Intanto però cambiamo il proverbio “male non fare, paura non avere”. Oggi, per i cittadini, recita così: “male non fare, paura devi comunque avere”, per un magistrato: “fai come ti pare, e paura non avere”.
Andrea Bonetti