Il posto più pericoloso del mondo

Il Corridoio di Suwalki, “il posto più pericoloso del mondo”. Così l’autorevole rivista americana Politico definiva qualche giorno fa quella striscia di terra di quasi cento chilometri che separa la Bielorussia dalla exclave russa di Kaliningrad. In un lungo servizio sul campo, l’inviato descrive la tranquillità apparente di quel territorio verde e pianeggiante che separa la Lituania dalla Polonia, e che le coincidenze della storia hanno trasformato nel più probabile fronte di guerra, o casus belli in sé, tra la Russia di Putin e l’Occidente, cioè la NATO. Anche Repubblica in questi giorni, come molti altri giornali europei, ha mandato inviati da quelle parti per capire l’aria che si respira. In estrema sintesi, pare che da tutti i lati delle quattro frontiere di quel territorio si discuta sul quando, non sul se. Cioè tutti ritengono la guerra inevitabile, ma non saprebbero indicare quando avverrà.

Un esempio di possibile casus belli? Da qualche giorno la Lituania ha imposto il blocco del traffico di merci tra Kaliningrad e la Russia per applicare le sanzioni occidentali, provocando la reazione della Russia, che a sua volta denuncia la violazione dei trattati sulla libera circolazione tra uno Stato e la sua exclave (come se fosse tra l’Italia e Campione d’Italia isolata in mezzo alla Svizzera). Questa disputa si risolverà nell’aula di un tribunale internazionale o sul campo di battaglia?

Che Kaliningrad sia il punto più critico del mondo, a parte Taiwan, lo pensano tutti. Gli esperti lo studiano da subito dopo l’invasione russa della Crimea, nel 2014. Tre anni dopo, la NATO svolge una prima esercitazione in zona, la Saber Strike 2017, per definire il migliore assetto delle truppe sul terreno e la strategia per evitare o minimizzare la separazione degli Stati baltici dal resto della UE nel caso di occupazione russa del “Corridoio di Suwalki” (sono loro, i russi, a chiamarlo così). Nel 2018 l’americano Center for European Policy Analysis esce con una pubblicazione specialistica sul Corridoio di Suwalki e sulle lezioni tratte da quella esercitazione, aggiungendo altri commenti e indicazioni. Gli esperti rilevano la (allora) insufficiente dotazione di uomini e mezzi NATO, e il grave rischio per i Paesi baltici che potrebbero essere simultaneamente aggrediti da nord e da est, e in quel caso avrebbero poche speranze di salvezza.

Dal 2018 però sono cambiate molte cose, la NATO ha ampiamente provveduto a colmare quelle lacune, e oggi la situazione è meno sfavorevole per l’Occidente. Ma anche i russi hanno rafforzato Kaliningrad, dotandola (si dice) anche dei missili Iskander a lungo raggio e con testate atomiche. Per non parlare del rafforzamento della flotta russa nel porto di Kaliningrad, con tutta la sua potenza di fuoco.

Il rischio concreto, come sempre, è quello di un incidente che possa accadere senza premeditazione. Con tutte quelle forze schierate in zona e i continui pattugliamenti e provocazioni aeree (da parte russa), l’errore è dietro l’angolo. Teniamo anche presente che i Paesi baltici sono troppo piccoli per permettersi un’aviazione nazionale, e quindi si appoggiano alle forze NATO per far ruotare periodicamente un certo numero di caccia di Paesi disponibili, in particolare italiani, belgi, tedeschi e olandesi. Il tutto in uno spazio aereo modesto, e fin troppo affollato, in cui i decolli di intercettazione sono frequentissimi, tra simulazioni e casi reali.

In conclusione, qualsiasi appassionato di storia può rilevare, con un certo brivido, che fino al 1945 Kaliningrad si chiamava Königsberg, ed era una città tedesca, anzi prussiana (la patria di Kant). Sì, perché quel territorio, che oggi è una exclave russa tra la Polonia e la Lituania, era la Prussia Orientale, interamente popolata da tedeschi e separata dal resto della Germania, per i capricci della storia, più o meno dal Settecento. L’URSS di Stalin volle trasformarla in una base navale con un retroterra amico (i Paesi del Patto di Varsavia) e tutta la popolazione tedesca fu deportata o fatta emigrare, mentre la zona veniva completamente russificata.

E pensare che la situazione di Königsberg era stata accettata fino al Secondo Reich, quello di Guglielmo II e della Prima guerra mondiale: la Prussia Orientale era separata dalla madrepatria senza che fosse un problema attraversare la Polonia per andare a Berlino. Solo Hitler nel 1939 rivendicò la necessità di collegare stabilmente la Germania con la Prussia Orientale, chiedendo alla Polonia di cedere il famigerato “Corridoio di Danzica”: il casus belli politico che innescò la Seconda guerra mondiale. I giornali dell’epoca titolarono “Morire per Danzica?”. Oggi suonerebbe “Morire per Suwalki?”. Per fortuna, questa versione non suona così sinistramente eufonica come l’altra, quindi potrebbe avere meno “successo” della prima. Lo speriamo tutti.

di Raffaele Raja

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