La giostra dei talk show è ricominciata, con l’ovvio anticipo dettato da queste elezioni settembrine. Mentre La7 non ha mai smesso di parlare di politica in agosto, le altre reti hanno appena riaperto i battenti dei talk più noti. Da Rete 4 a RaiTre, l’ultimo martedì di agosto è stato già all’insegna della grande abbuffata di parole. Mario Giordano ha cercato di mettere in difficoltà la Meloni sulle concessioni balneari, mentre Bianca Berlinguer ha puntato di nuovo sull’inossidabile Corona e sul professor Orsini. Squadra vincente (?!?) non si cambia. Come dire, in entrambi i casi, per il godimento di noi vecchietti davanti alla Tv, via alle risse da pollaio! Largo a chi urla di più e chi più si sovrappone alla voce di un altro.
Mettere di fronte Bonelli e Richetti (Verdi e Azione-IV, a In Onda sulla 7) era una provocazione evidente, ed è stato il confronto più tranquillo, tutto sommato. La rissa si è sfiorata – come al solito – a Cartabianca, con Calenda solleticato da Luisella Costamagna, da tempo sulle orme grilline del suo mentore Michele Santoro. A un certo punto, come il Corriere ha sottolineato il giorno dopo mostrandone una clip, Calenda ha detto: “questa non è una domanda, è un’aggressione!” Ma si vedeva benissimo che gli piaceva, che ci stava, che non vedeva l’ora di mettere in mostra i canini. A brigante, brigante e mezzo! E via così, di battuta in battuta, per dimostrare ai soliti vecchietti davanti alla tv, come avrebbe detto una volta il Bossi, “chi ce l’ha più duro”.
E il merito della discussione? I temi? Chissenefrega! Forse Calenda parlava di energia, della sua fissa per il gas (cioè per i rigassificatori), il fossile, il nucleare, solo per “épater les bourgeois”. Guardandolo in faccia, si capiva che in fondo non ci credeva così tanto nemmeno lui. Ma questo tipo di rissa serve a compattare il suo elettorato, ammesso che ne abbia uno e che sia davanti allo schermo (o possa rivedere sui social la clip del Corriere).
E poi, non c’è bisogno di entrare nel merito dei problemi, per almeno due motivi. Primo, perché il conduttore è sempre lì, magari con la mano protesa quasi implorante come la Berlinguer, pronto a interrompere per passare la parola a un altro che aspetta da un quarto d’ora. Secondo, perché tanto (ricordate che il tempo massimo di attenzione è otto secondi?) non ci sarebbe comunque il tempo di “approfondire”, e nemmeno di spiegare in forma condensata. Ci riesce solo Tremonti, che tanto va avanti per la sua strada qualsiasi cosa gli chiedano.
Come farà il povero professor Cottarelli? Ora dovrà abituarsi a dare sulla voce, o a parlare per slogan anche lui. O a stringere ancora di più, come ci ha ricordato Gramellini sul suo primo Caffè dopo le vacanze. Ormai siamo ridotti a: Credo, Pronti, Scegli. E alla fine regnerà il silenzio (rubo sempre da Gramellini): basterà una foto. Di Cottarelli a bocca aperta, stupefatto di fronte alla beata ignoranza dell’interlocutore, o della Meloni corrucciata perché non le lasciano nominare Tremonti ministro dell’Economia. Basterà un’immagine. E avremo finalmente il silenzio. Non esattamente degli innocenti, però!
Tutta un’altra storia quella della striscia quotidiana (dieci minuti su RaiTre alle 20.40) di Marco Damilano, grande ex direttore de L’Espresso prima dell’infame cambio di proprietà che lo ha spinto alle dimissioni. Qui Damilano mostra tutto il suo valore. Prima puntata dedicata allo scandalo dei 16 milioni di italiani che non andranno a votare (stanchi? delusi? indifferenti?), seconda puntata al tema delle interferenze dei russi nelle prossime elezioni.
In entrambi i casi strumenti diversi, interviste, reportage, ospiti in studio, per dare un’idea fulminante di cosa succede in Italia. In sole due puntate ci facciamo un’idea che queste saranno elezioni dimezzate, in cui oltre il 40 per cento degli aventi diritto non andranno a votare (perché? Interessa a qualcuno? Vogliamo fare la fine dell’America di Trump in cui vota una minoranza?), e in cui un Paese straniero ostile ai valori democratici, una dittatura, tanto per capirci, prova in tutti i modi, da anni, a interferire nelle elezioni dei Paesi occidentali.
Ora è la volta dell’Italia, il ventre molle dell’Europa, in cui la Russia è più vicina a raggiungere l’obiettivo di far andare al governo la Destra, cioè i suoi amici di sempre, senza neanche darsi troppo da fare. Ci penserà il popolo, che vuole solo “provarne un’altra” (“perché non la Meloni?” o “Cosa avete contro di lei?”), e che più prosaicamente vuole garantirsi il gas, il riscaldamento e l’aria condizionata “a gratis”. Finita la solidarietà con l’Ucraina e la UE, si potrà riavvicinarsi alla Russia, da parte sua felice di darci tutto il gas che vogliamo a prezzo irrisorio. Povero Draghi con la sua infelice frase: “Preferite la democrazia o l’aria condizionata?” Non l’avesse mai detto!
di Roberto Guardaboschi