Alla ricerca di una visione

Perché lunedì scorso l’assemblea di Confindustria si è svolta in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco? Cosa avevano da dire, o da chiedere, gli industriali italiani al Papa, che infatti non è stato tenero con loro e li ha richiamati a rispettare la dignità del lavoro e a non licenziare le donne incinte? Qualche giornale ha azzardato un’interpretazione meno superficiale di quella banale della necessità di ricevere una benedizione. Gli industriali erano alla ricerca di una visione. Una cosa che alla Chiesa non manca di sicuro, con la sua storia millenaria e le sue prospettive globali altrettanto proiettate nei secoli futuri. Una cosa che manca invece completamente alla politica non solo italiana ma europea e occidentale.

Non possiamo imputare alla politica nostrana di concentrarsi sulle bollette del gas e della luce trascurando i massimi sistemi, quando tutti i leader degli altri Paesi (europei e occidentali) fanno lo stesso: guardano gli ultimi sondaggi, i like su Facebook, Twitter o TikTok e si regolano di conseguenza. L’importante è stare sul pezzo per la clip quotidiana da postare, fare il titolo sul giornale e soddisfare i bisogni immediati del popolo. Non progettare qualcosa per il futuro, per i posteri. Ecco perché il cambiamento climatico ha fatto tanta fatica a imporsi nell’agenda quotidiana della politica. Questione troppo lontana dal popolo.

Ma come si fa a intraprendere un’attività economica senza una “visione”, senza poter programmare per i dieci anni successivi? Non si possono investire dei soldi in un’attività senza avere un orizzonte temporale maggiore di uno o due anni, che è l’orizzonte massimo della politica. Per l’impresa, è il minimo. Lo ha confermato questa settimana il presidente degli industriali veneti Enrico Carraro a Marco Damilano nella sua striscia quotidiana Il Cavallo e la Torre su RaiTre, lamentando che da quarant’anni in Italia non ci sia una politica industriale. Oggi si vede quanto sia stata miope e ideologica quella politica (di destra) che per anni ha rifiutato anche solo il termine “politica industriale” perché le sembrava una roba sovietica, che sapeva di piano quinquennale.

Era il mercato, dicevano, a fare la politica industriale, o gli imprenditori con la loro sapienza e auto-regolazione. La politica, al massimo, avrebbe dovuto essere “sussidiaria” e intervenire solo per facilitare il loro lavoro, semplificare le norme, ridurre le tasse e i cosiddetti “lacci e lacciuoli”. Così facendo, con la parallela sconfitta del comunismo reale (1989), cioè dell’ultima “ideologia”, si è persa per strada anche la “visione”. Dopo il 1994 in Italia c’è stato il bando – benedetto da tutti i media – alle parole “ideologia” e “visione”. Impossibile concepire una prospettiva ventennale o giù di lì per qualsiasi partito o attività umana. Chissà come avrà fatto la NASA a progettare una spedizione su Marte. Eppure oggi quella prospettiva è concreta, anche se per il 2039.

Solo la Cina oggi programma con una prospettiva al 2050, e lavora di conseguenza, perché ha una visione. Anche se tutti temono che sia una visione conflittuale con gli interessi americani e dell’Occidente. La Russia ha una visione, quella di restaurare una supremazia imperiale sulla cosiddetta Eurasia. Come la Turchia, che ha l’ambizione di riproporre l’impero Ottomano sotto altra forma. Perché l’Unione Europea non ha una sua visione, posto che non per forza una visione deve essere una visione imperialista? Perché tutti hanno paura di pronunciare la parola “ideologia”, che sola (forse) potrebbe spingere quella metà di cittadini europei che non votano ad andare alle urne, e consentire all’Unione di darsi una visione di futuro.

Ora la Meloni dice ai quattro venti che lei ha una visione per l’Italia, e sottintende quella di una destra conservatrice, anzi, reazionaria, che riporterebbe il nostro Paese indietro di decenni sull’agenda dei diritti civili e sociali. Dall’altra parte, chi ha una visione di sinistra? Chi riesce a immaginare un futuro meno competitivo e più cooperativo fra esseri umani in armonia con la natura? Se nessuno saprà andare oltre il proprio ombelico, sarà solo la visione di destra a prevalere: gli animal spirits contro ogni umanità.

di Roberto Guardaboschi

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Mario Rodriguez ha detto:

    Bisognerebbe approfondire la tesi che il problema sia che dovrebbe essere la visione di un futuro meno competitivo. A me pare che dovrebbe esserci quella di una competizione più “efficace” in termini di risorse che utilizza e risultati che produce. Ma meno competizione non è sinonimo di maggiore crescita, non certo di apertura, di dinamismo, ma di chiusura e stagnazione.

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