Il Thatcher della Garbatella

No, non è un errore di battitura, né ignoranza grammaticale dello scrivente. E’ semplicemente una forzatura che nasce da come la prima donna premier italiana, Giorgia Meloni, vuole essere chiamata. Al maschile. Il Presidente del consiglio dei ministri, non la presidente. Per sottolineare che non è una donna in quanto tale che è arrivata in quella posizione, ma lei in quanto “underdog” (copyright Meloni) che si è fatta tutta la gavetta possibile in trenta anni di politica.

Perché partire da questa inezia? Perché questa inezia è sintomatica dei motivi per cui la destra ha vinto. Perché questa inezia, come una violazione del politicamente corretto, le è stata rimproverata nell’aula del Senato da un’esponente (donna) dell’opposizione. Evidentemente, la nostra attuale opposizione, o meglio le tre-quattro opposizioni esistenti (Pd, M5S, Azione-IV, SI-Verdi), non ha argomenti più seri da contestarle. Un esempio di distanza dal paese reale, come la storia della schwa, dell’asterisco al posto delle e e i finali, o del “tutte e tutti” obbligatorio. Storie da radical chic, purtroppo. Di un’opposizione che pensa ancora di vivere in un mondo dove non c’è rischio di perdere i diritti acquisiti, dove non c’è inflazione, non ci sono guerre, e tutti (ops, tutte e tutti) sono così felici che non c’è molto altro per cui lottare. Ma vogliamo scherzare?

Il mondo reale è molto diverso. Qualche esempio? Chi l’avrebbe mai immaginato che la Francia avesse un ministero “dell’agricoltura e della sovranità alimentare”? Con un governo europeista come quello di Macron? Eppure è così. E chi l’avrebbe mai detto che nel 2022 la Germania post-Merkel avrebbe messo in bilancio 100 miliardi per riarmarsi e altri 200 per aiutare imprese e cittadini nell’emergenza bollette? In entrambi i casi, due segnali piuttosto evidenti di egoismo “post-europeo”, cioè di un sentimento misto di nazionalismo e voglia di fare da sé, insofferente delle lungaggini della UE. Come si può dunque criticare il governo Meloni di aver copiato il nome del ministero dell’agricoltura dai francesi? O per la sua intenzione di fare da sé sulle bollette, come la Germania?

Come si profila allora l’immediato futuro? Abbiamo un governo di destra-destra (il centro non c’è più, salvo il mitico terzo polo che dall’esterno aspetta di surrogare Forza Italia), con una vera leader, tosta forse quanto una Thatcher. Della Garbatella, ma sempre tosta è. Una che si è fatta da sola, in grado di far crollare i suoi partner (Lega e FI) rimasti ancora al maschio alfa. Una leader che alla Camera ha fatto un discorso appassionato e denso di contenuti ideali. Solo un miope senza ideali poteva definirlo “una lista della spesa” (quali discorsi di insediamento non lo sono stati?). Solo uno che ha perso qualunque riferimento ideale poteva definirlo “un discorso retorico e vuoto”.

Di questo passo, senza un progetto davvero alternativo, cioè di sinistra, senza un’idea di Paese (magari fondata su un’ideologia, perché no?), senza un leader che sappia appassionarsi e appassionare, per i prossimi vent’anni gli unici problemi al governo Meloni potranno venire solo dall’interno, cioè da FI e Lega. Eppure, ancora nei talk show e in altri programmi “di sinistra” tra RaiTre e La7, si parla tanto politichese e ci si fa ancora vanto della solita presunta superiorità culturale. Insomma, la sorte dei socialisti francesi, il tre per cento per il PD, è vicina.  

Cosa dobbiamo temere dal nuovo governo di destra? Niente di particolare in politica estera né in macro-economia (PNRR e simili), almeno per i primi mesi. Per evitare riflessi negativi sul mercato dei titoli di stato, Meloni ha già garantito continuità col governo Draghi (tanto che Conte le ha chiesto se è lei ora a gestire la mitica Agenda Draghi). Tutt’altro discorso in politica interna. Lega e FI hanno presentato due disegni di legge, ancor prima che Meloni avesse la fiducia, sull’innalzamento del tetto al contante a 10mila euro, e sul riconoscimento di personalità giuridica al feto, cosa che renderebbe quasi impossibile applicare la legge sull’aborto. Per non parlare del “libero manganello” e della caccia alla ONG in funzione anti-migranti, due capisaldi della visione securitaria della Lega. Tutti segnali di quanto i partiti minori della coalizione vogliano mettere in difficoltà la premier, scavalcandola a destra. Una zeppa nel tentativo di Meloni di spostarsi al centro, evidente dal suo discorso di insediamento.

Tuttavia, a pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo, già si teme per una riforma costituzionale all’insegna dell’uomo forte, che sia il presidente della repubblica o il premier (che Renzi chiama “il sindaco d’Italia”). Si teme cioè che le pulsioni post-fasciste interne e lo stillicidio di iniziative estremiste dei due partiti minori spingano talmente tanto a destra il governo, che la prospettiva di far evolvere FdI in un partito conservatore liberale e moderno, secondo il wishful thinking del Corrierone e il discorso di insediamento di Meloni, rischia di andare in frantumi.

Conclusione. Secondo il rapporto sull’economia globale del centro studi Luigi Einaudi e Intesa San Paolo presentato il 25 ottobre, il mondo post-globale sarà “un mondo di conflitti, meno commerci e più povertà”. Come lo si vuole affrontare? Già la prima volta, il modello reazionario della Thatcher si è dimostrato fallimentare. E ora, la caduta di un’altra premier reazionaria ammiratrice della Thatcher, l’inglese Liz Truss, dopo soli 45 giorni di governo, dovrebbe insegnare qualcosa. Conservatori sì, ma non reazionari. Meloni ha forse l’intelligenza politica per capirlo, ma i due Mostri che le sono accanto (copyright Concita De Gregorio su Repubblica) non glielo permetteranno. La sua leadership è alla prova, e l’Italia è oggi l’ennesimo teatro di un esperimento sociale che tutte le cancellerie europee osservano con il fiato sospeso.

di Roberto Guardaboschi

Credit image: Presidenza del Consiglio

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