“La politica è la via per incidere sulle comunità e dare risposte ai loro bisogni”

La Milano delle opportunità esiste ancora ed accoglie ogni anno molti giovani che emigrano dal Sud in cerca di opportunità di studio e lavoro migliori. Annalori Tortolani ne è un esempio. Da un paesino vicino a Salerno è giunta a Milano per studiare e oggi corre per il consiglio Regionale a sostegno di Majorino e in quota Lista Beppe Sala: un progetto politico che ha chiamato a sé giovani di talento pronti a mettere a disposizione della collettività le proprie competenze.

Come sei giunta al mondo della politica?

Mi ci sono avvicinata con i miei studi, da giurisprudenza, in Cattolica, sono passata agli approfondimenti in ambito diplomatico e sul diritto internazionale e da lì alla politica. Già durante gli anni di università ho avuto modo di fare volontariato, prima in Perù, poi ho continuato con un’esperienza alla comunità di Sant’Egidio e infine per il banco alimentare. E facendo volontariato ci si rende conto che aiutare gli altri è molto bello, ma per incidere in profondità sulle tematiche che coinvolgono una comunità è la politica a rappresentare la via maestra. E nella Lista Beppe Sala ho trovato poi un gruppo di persone, tra cui Emmanuel Conte, pronte a mettere a disposizione le proprie competenze per la collettività.

Dove hai conosciuto Emmanuel Conte?

Proveniamo dallo stesso paese del sud Italia, ci siamo rincontrati a un evento della Lista Beppe Sala e da lì poi ho deciso di candidarmi alle comunali di Milano per il Municipio 1 e 2. È stata una campagna elettorale molto veloce e che ho vissuto intensamente, anche se poi non sono stata eletta.

E che cosa ti ha insegnato quest’esperienza elettorale?

Innanzitutto ho trovato è un gruppo di persone affiatato, con tanta voglia di dare una mano per migliorare la situazione nei propri quartieri, partendo proprio dalla cittadinanza e dalle sue problematiche. Un gruppo eterogeno ma con fine comune, lo stesso che accompagna questa campagna per le Regionali a sostegno di Majorino. L’obiettivo è quello di dare continuità a un progetto, rendere ancora più coeso e forte il gruppo che si è creato, anche in virtù della complicata sfida elettorale che queste elezioni presentano.

Che cosa le rende complicate e quali fattori hanno contribuito ad ingarbugliare queste elezioni?

È un fatto che il vento ormai soffi a destra, come dimostra tra l’altro il risultato delle nazionali, e il voto alle Regionali, rispetto a quello delle comunali, è un voto d’opinione, tant’è che in giro è più frequente trovare cartelloni con Meloni e Calenda rispetto a quelli con i volti dei candidati. Il voto delle Regionali è meno legato alle persone sul territorio, mentre alle comunali è più marcato l’aspetto della persona, il sapere se quella o quel candidato ha davvero le competenze per rappresentare i bisogni della comunità. Ed in questa tornata elettorale è ora importantissimo intercettare gli indecisi, quelli che non vogliono andare a votare, i disaffezionati della politica e i giovani. E in parte, come movimento civico, questo è forse un compito più difficile – rispetto a un partito –, perché si è meno mediatici e strutturati, nonostante vi siano tutte le carte in regola per superare tale scetticismo. Alla politica di oggi servono persone nuove per cambiare ed è l’elettore, col suo voto, a non dover ricadere sul solito volto noto, altrimenti lamentarsi dello stato delle cose risulta poco comprensibile. D’altronde se gli equilibri non cambiano è difficile immaginare che chi per 28 anni ha seguito una strada ne imbocchi improvvisamente un’altra.

Tu rappresenti quei tanti giovani che dal Sud emigrano al Nord attratti dalla Milano delle opportunità. È ancora così?

Io adoro Milano e per me è stata una città estremamente accogliente che mi ha dato le migliori opportunità di lavoro in Italia. Ed è ancora oggi un contesto che se hai voglia di lavorare e impegnarti ti permette crescere. Quello che è cambiato in questi anni riguarda più che altro il tema delle competenze. Io stessa mi laureai nel 2009 con dei presupposti che però, già durante gli anni di studio, erano cambiati. Oggi esiste un problema legato al gap tra competenze offerte dall’università e quelle richieste dal mercato del lavoro. La digitalizzazione e il fatto che il lavoro di domani sia un’incognita, hanno imposto cambiamenti radicali e veloci. Ed anche per questo il punto del programma di Majorino che riguarda i giovani e il lavoro mi è particolarmente caro, anche per via del fatto che il Pnrr stesso prevede delle azioni in tal senso. La Regione, a mio avviso, dovrebbe impegnarsi di più attraverso un tavolo di confronto tra scuola, università e mondo della ricerca per poter pensare alle competenze e professioni richieste, così che sia più facile trovare un posto di lavoro. Oggi, invece, assistiamo a uno scollamento tra il mondo del lavoro e quello dell’università, con quest’ultima che pare refrattaria a ciò che la circonda. Un altro tema su cui agire è quello del lavoro delle donne, l’Italia è maglia nera e come Regione occorre che si creino delle soluzioni per affrontare questi problemi in modo strutturale, con un piano d’ampio respiro e un orizzonte temporale medio lungo.

Hai parlato della differenza di genere sul mondo del lavoro. In politica com’è declinato questo tema? Qual è stata la tua esperienza?

Nella Lista Beppe Sala il tema dell’inclusione è molto sentito ed io, sin da subito, mi sono sentita molto accolta, soprattutto dalle donne, vera e propria fonte di ispirazione. All’interno del gruppo il mio essere donna è stato valorizzato e la mia visione del mondo è stata considerata un valore aggiunto. Tutto questo in un contesto, quello italiano, dove a 38 anni, io che mi definisco diversamente giovane, non ti permette di ambire a certe posizioni e ruoli se non possiedi una certa età anagrafica. Da questo punto di vista c’è ancora molto da fare. Occorrerebbe fare più battaglie a sostegno delle genitorialità, perché lo Stato fa ancora troppo poco e la Regione, con i fondi che intercetta, potrebbe fare di più.

In che senso?

Essendo io stessa una fuori sede, ma lo vedo anche con altri miei coetanei e con le persone che mi stanno vicino, penso già alla fatica che farò quando diventerò madre e senza un sostegno a me vicino. La domanda è: a quanto dovrò rinunciare per la maternità? Il rischio è che una donna debba rinunciare alla carriera, al proprio lavoro, perché impossibilitata a permettersi una baby sitter. Un sostegno alla genitorialità aiuterebbe a dare una risposta a questo problema e a contrastare quella bassa natalità che riguarda tutta l’Italia.

di Claudio Dolci

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