Il lutto degli sconfitti, tra giustificazioni e dolci bugie

Le regionali lombarde? A sentir parlare gli sconfitti sono andate bene, soprattutto se si considera il voto milanese, le preferenze assolute, l’astensionismo, il risultato di lista e il vento che soffia a destra. In breve, tutto calcolato, pochi errori e tante variabili esogene, è così che si spiega il successo della destra e la rielezione di Fontana. Sì, forse la creazione di alleanze trasversali, la scelta di candidati più graditi all’elettore e una campagna meno frettolosa avrebbero aiutato, ma non è questo il punto: i dati, genuflessi alla scuderia di partito, ci danno ragione. La sconfitta? Colpa degli elettori ignoranti che non sapevano nulla del voto.

Pare una barzelletta uscita male e raccontata persino peggio, invece è ciò che emerge dalle parole a caldo dei candidati sconfitti alle urne. I quali, di fronte a uno degli eventi più traumatici dell’esistenza umana, ovvero il lutto, si aggrappano a giustificazioni confezionate ad hoc pur di non dover affrontare il doloroso bagno di realtà con le urne. Traumatico com’è una doccia ghiacciata dopo un’abbuffata a base di soli pop corn, soprattutto per chi era privo della protezione di un politico di peso o al riparo dietro un altro incarico pubblico. Fontana, infatti, ha vinto con venti punti percentuali di vantaggio su Majorino e il terzo polo ha perso ben 391.264 voti rispetto alle politiche di settembre. Eppure questi dati vengono taciuti o circumnavigati ad arte con risposte che tradiscono la volontà, di chi li omette, di voltare pagina il prima possibile.

La lista Patto Civico, ad esempio, a Milano ha preso il 7,48% attestandosi sul podio dei vincitori, e ribadendo la centralità del civismo come alternativa al partitismo. Bene, peccato che fuori da Milano sia andata male come per tante altre liste, questo vuol forse dire che il civismo è solo metropolitano? Auguri a vincere una qualsivoglia elezione là dove non giunge la luce della Madonnina. Il risultato del Terzo Polo ed affini, invece? Colpa della scarsa salienza data al voto, i lombardi lo hanno saputo solo all’ultimo, non c’è stata la concomitanza col voto delle politiche e poi c’era la neve sulle piste da sci. Davvero l’elettore di centro, dipinto da tutti come colto, borghese e inserito nelle attività di pensiero del tessuto socio-economico cittadino non legge i giornali, non ascolta i Tg e neppure la radio? Certo, forse era meglio menzionare solo la neve sulle piste di sci, che il lunedì mattina, si sa, sono peggio delle pasticcerie la domenica. La vittoria di Fontana, invece? Ovvio, i lombardi non lo volevano votare, lo hanno fatto solo perché il vento nazionale soffia a destra; infatti negli ultimi 28 anni ha governato solo il centro-destra. E il radicamento sul territorio? Fondamentale, occorre farsi conoscere dagli elettori per ottenere il loro voto. Peccato che poi ci sia stato chi ha preso preferenze in zone dove è giusto transitato in auto e chi porta in dote al partito il suo pacchetto di voti come se fosse un assegno dell’INPS.

La lista di imprevisti e di probabilità esibita dai candidati delle regionali supera di gran lunga quella ammessa dal regolamento del Monopoli, e infatti a primeggiare è una giustificazione così assurda da superare persino il gioco da tavola: c’è stato poco tempo. Ed effettivamente 28 anni di governo di destra, di cui 5 dall’elezione del primo Fontana, sono come la vita di un essere umano paragonata a quella delle stelle: un singolo battito d’ali di una farfalla e nulla più.

Sprofondati nell’abisso delle giustificazioni non restano che due opzioni, o accettare l’impossibilità di affrontare un lutto così devastante, oppure tentare di delineare almeno una spiegazione di senso compiuto: delle due l’una. Forse il problema non sono né i candidati in sé, né le loro giustificazioni, ma la mancanza di ragionamento a monte nelle singole scuderie di partito. L’elettorato d’oggi è più fluido e libero dell’acqua, ciò significa che chi pensa solo alle preferenze ottenute, immaginandole come stabili, sta vaneggiando o se, e ce, la racconta. Secondo, imporre un candidato/a come se l’elettore fosse disposto a ingurgitare di tutto, persino la spazzatura, rispecchia solo l’arroganza e la miopia culturale di chi pensa di essere migliore degli altri e per questo perde. Terzo, magnificare movimenti/partiti/liste locali come specchio della Regione o, peggio ancora, dell’Italia intera, vuol dire non aver abbandonato la cameretta di quando si era piccoli. La realtà è più complessa di un valore outlier preso come stella polare per la politica di domani.

Forse, e questo è un grande forse, superato il lutto e le sue cinque fasi si arriverà ad affrontare pubblicamente questi temi e a dialogare per davvero con l’elettore, finalmente nobilitato ad essere senziente, e per questo dotato di interessi e quindi di motivazioni, anche, e perché no, perlopiù irrazionali.

di Claudio Dolci

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...