L’Europa come il Titanic. Cosa intendeva dire Giorgia Meloni uscendo dal Consiglio europeo del 9-10 febbraio scorso? Forse si riferiva al Qatargate, agli scricchiolii che possono far crollare la fiducia verso le istituzioni europee, Parlamento in testa? O all’impatto della guerra in Ucraina sulla UE? L’immagine dei ricchi borghesi della prima classe che continuano a ballare mentre il Titanic affonda, per quanto oleografica e probabilmente falsa, è l’immagine rappresentativa della nostra condizione di fronte alla guerra in Ucraina. E dell’Europa, dal 24 febbraio 2022 in poi, cioè a partire dall’inizio dell’invasione russa, che ha alterato per sempre gli equilibri mondiali.
Si riferiva a questo la nostra leader nazionale, magari in possesso di informazioni di prima mano, ma che possono essere divulgate solo con juicio?
Chiamare le cose con il loro nome non è sempre facile. Quanto è opportuno non vedere, nascondere, camuffare la realtà, perché se ne ha paura o perché può scatenare reazioni imprevedibili negli interlocutori? I medici se lo chiedono quando devono comunicare un esito infausto di analisi o operazioni chirurgiche. I politici, le madri, i diplomatici, usano spesso un linguaggio involuto per attenuare una realtà a volte inaccettabile. In questo senso, parlare dell’Europa come del Titanic sembra voler squarciare il velo dell’ipocrisia.
Ipocrisia su che cosa? Sulla guerra. Avete letto bene: la guerra. La guerra totale, di cui la guerra in Ucraina è solo un assaggio. Una guerra che tutti minimizzano, cercano di circoscrivere, benché si continui a rifornire di armi l’Ucraina, ormai da un anno, per consentirle di opporsi alle truppe d’invasione di Putin, e – si dice, forse a ragione – per difendere i confini della UE dal Moloch russo. O i confini della NATO, ormai coincidenti.
Per chi non l’avesse capito, tutti noi occidentali, USA in testa, siamo già in guerra con la Russia, salvo che lo stato di guerra non è ufficialmente dichiarato, né nostri soldati hanno ancora messo “gli stivali sul terreno”, espressione che per gli esperti designa l’ultimo stadio dei possibili modi di intervento militare. Anche perché in Europa ci sono di mezzo le Costituzioni (di Italia e Germania su tutte) che vietano espressamente le guerre non difensive.
E c’è di mezzo l’opinione pubblica, che (indagine su Domani dell’11 febbraio) in Italia al 65 per cento appoggia un generico sostegno all’Ucraina, ma solo al 45 per cento pensa che si debba sostenerla finché i russi si saranno ritirati da tutto il Paese (Crimea compresa). Se parliamo di “coinvolgimento” nel conflitto, il 75 per cento dei tedeschi e più o meno degli italiani lo esclude categoricamente (come il 68 per cento degli americani).
La sola Inghilterra ha la percentuale più alta di popolazione d’accordo sull’invio di militari sul terreno, il 33 per cento. Altrove non si va oltre il 20-25 per cento. Significa che il 70-75 per cento degli Europei non vuole “andare a combattere”. Morire per Kiev? Escluso, se si ascoltasse l’opinione pubblica occidentale.
Eppure, l’escalation è sotto gli occhi di tutti. In quest’anno di guerra, ogni mese ha visto un salto di qualità: prima i missili a lunga gittata, poi i carri armati pesanti, ora gli aerei da caccia.
E per apprezzare l’ipocrisia dilagante, basta leggere gli articoli dei commentatori politici dei principali giornali italiani e stranieri. Tutti declamano peana a favore della pace universale, e poi ricordano l’errore storico di Chamberlain a Monaco nel 1938. Cioè aver ceduto la Cecoslovacchia a Hitler illudendosi che si sarebbe accontentato e si sarebbe fermato. La storia ha dimostrato di no, che Monaco ha solo ritardato di un anno un conflitto mondiale inevitabile, anche se gli storici dicono che questo ritardo ha consentito all’Inghilterra di attrezzarsi militarmente per resistere.
Ora i commentatori ragionano tutti allo stesso modo: se non si aiuta l’Ucraina a resistere, o peggio, se la si lascia al suo destino, la pace sarà illusoria, e gli appetiti di Putin ci travolgeranno prima o poi. Putin come Hitler, il che è probabile. Quindi, bisogna intervenire a supporto dell’Ucraina, costi quel che costi. Attenzione però: questo whatever it takes non è per salvare l’euro, ma per salvare la democrazia liberale occidentale. Di nuovo, dopo ottantacinque anni. A che prezzo? Intervenire noi, tutti, in ogni modo possibile.
La guerra totale è dunque questione di mesi, magari un anno o due, stando ai trend di fornitura di armi, offensive e controffensive sul terreno. E ci andranno, all’inizio, i 93mila volontari (cioè i professionisti) del nostro esercito. Ma poi, si salveranno i nostri ragazzi dalla leva obbligatoria, peraltro solo sospesa dal 2005? O potranno continuare ad assistere alla guerra in televisione dal divano di casa?
Sarà forse necessaria una cosa d’altri tempi come la mobilitazione generale. Ricordiamo che i tedeschi per invadere la Russia nel 1941 misero in campo più di tre milioni di uomini in 146 divisioni su un fronte di 2.900 chilometri, per lo più in Ucraina, che allora era URSS. Se i confini Russia-NATO in Est Europa sono più o meno gli stessi, quei numeri sono oggi inesistenti negli eserciti UE e NATO. Sperando (si fa per dire) che il conflitto resti convenzionale, cioè non arrivi a essere “nucleare”, nel qual caso anche una mobilitazione generale e i tremila carri tedeschi del 1941 sarebbero inutili.
È questa prospettiva che nascondono ipocritamente i commentatori, e tutti i fautori dell’aiuto illimitato all’Ucraina? Non necessariamente. In fondo, è sempre una partita a poker, ma tra perdere la libertà e morire per essa, può esserci una terza via: il governo Biden sembra sperare che un lungo logorìo delle forze su un fronte limitato possa far cadere Putin. Come è caduta, per conto suo, l’Unione Sovietica nel 1989. È l’unica speranza che dobbiamo avere. Che il tumore si riduca o sparisca da solo, con una lunga e stressante chemioterapia. Un miracolo, insomma.
Peccato che per la caduta del muro di Berlino, e la fine dell’URSS ci siano voluti ventotto anni. Potrà durare una guerra in Ucraina anche solo qualche anno senza che la Russia e i suoi alleati (Cina e Iran) decidano di agire con tutti i mezzi, insieme, contro le decadenti democrazie occidentali? Chissà.
di Raffaele Raja