Il caso Cospito senza ideologie

I detenuti al 41bis hanno un solo colloquio mensile con le famiglie e subiscono la censura della corrispondenza. Nei suddetti colloqui, tra il detenuto e la famiglia vi è un vetro divisorio a prova di proiettile, ci si può vedere ma non sentire, e quindi si usa un telefono.

Salvo rare eccezioni, i detenuti al 41-bis non possono incontrarsi fra loro.

Tutte queste misure si rivolgono esclusivamente ai detenuti per mafia e terrorismo, i quali aderiscono al mondo criminale con un elemento di specificità rispetto a qualsiasi altro criminale: il vincolo associativo.
In queste associazioni criminali, il capo è il capo finché è vivo. Che sia in carcere o meno non cambia. E lo stesso vale per il vice capo, i colonnelli e financo i soldati di più basso rango. Il 41bis non è il “carcere duro”, il 41bis è il carcere meno duro possibile per quei criminali che basano le loro azioni sul vincolo associativo. Il 41bis è il carcere meno duro per rompere quei legami.

Leggiamo ora le parole di un detenuto al 41-bis, intercettato mentre, nell’ora d’aria, parlava per la prima volta dopo anni con un altro mafioso:
“Di Matteo [il pubblico Ministero Antimafia] non se ne va, gli rinforzano la scorta…e allora se fosse possibile ad ucciderlo…una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari…”.
Questo era Totò Riina. Immaginatevi se anziché essere l’ex capo di Cosa Nostra, sparito dalla circolazione da quasi 30 anni, fosse il capo di Cosa Nostra in carica.
Leggiamo cosa dice poco dopo: “Una sorveglianza [si riferisce al regime speciale del 41bis] deve durare massimo 3 anni, 4 anni, Dopo 3 anni 4 anni non sei più sorvegliato. Perciò dopo 4 anni si ritorna…e invece no, decidono loro…finché uno non si pente. Questa fu una condanna nel codice penale italiano che non può ingoiare nessuno. Se io verrò, fra altri mille anni, io verrò a fargli la guerra per questa legge”.
Chiaro? Il 41bis permette alla mafia e al terrorismo di superare le condanne, uscire dal 41bis è per loro come ritornare in piena attività criminale. Serve a renderli inoffensivi, perché il normale regime carcerario non ha impedito a Luciano Liggio e a tutti gli altri Boss di comandare da dietro le sbarre.

Leggiamo ora il dialogo tra un figlio e sua madre, con il padre detenuto al 41bis.
Siamo all’inizio del colloquio, il figlio prende in mano la cornetta del telefono che gli permette di colloquiare col detenuto dall’altra parte del vetro.
Figlio: “Prendi questo qua. Prendi la cornetta…” Batte la cornetta sul vetro.
Figlio: “Papà”. Batte ripetutamente la cornetta sul vetro e poi la mano. Il detenuto parla guardando la moglie, ma non si sente cosa dica perché non usa il telefono. Altro pugno del figlio sul vetro.
Figlio: “Prendi la cornetta, questa. Prendila!”, batte il telefono sul vetro. Il detenuto allunga un braccio alla sua sinistra e rimane come sospeso.
Figlio: “Guardami! Guarda me!”. Il detenuto afferra il telefono reggendolo dal filo, si siede, e ricomincia a parlare alla moglie, ma lo fa tenendo il telefono fra le mani e non si sente nulla.
Figlio: “Mettila qua! Nell’orecchio!”
Moglie: “Ti ha detto di metterla qui!”, e si indica l’orecchio. Ma il detenuto continua a fissarla immobile.
Figlio: “Papà! PAPA’!”, batte la cornetta sul vetro.
Figlio: “Papà, questa, mettitela qua, mettitela vicino alla testa, così”, il detenuto esegue la mossa.
Figlio: “Mi senti?”. Ma il detenuto fissa il tavolo, immobile.
Moglie: “E come fa…col berretto”.
Ma la verità è che il detenuto sta tenendo la cornetta del telefono al contrario, con la parte dove si parla all’orecchio, e quello dove si ascolta alla bocca.
Figlio: “Ti dico: prendi la cornetta e mettila al contrario”. Il detenuto si sforza di capire, guardando la cornetta.
Moglie: “Girala!”.
Figlio: “Girala, girala al contrario! Al contrario!”. Il detenuto è insicuro, ma capisce di dover girare la cornetta, e la gira, ma nel modo sbagliato: ora ha il dorso della cornetta all’orecchio e alla bocca, e per di più sottosopra.
Figlio: “No! Sottosopra la devi mettere papà, sottosopra! Girala! Tu l’hai messa così, mi vedi? Invece mettila così, capito? Girala! Ruotala!”. Il detenuto fissa il telefono, ora schiacciato dall’immane compito.
Questo era Bernardo Provenzano.
Il 41bis, se considerato “carcere duro” fuoriesce dal rispetto dei diritti umani. Non si punisce nemmeno Provenzano privandolo della dignità. Come dice Angelo Provenzano, figlio di Provenzano mai stato membro di Cosa Nostra: “la poltrona di boss della mafia è libera, chi vuole togliere dignità agli umani, per qualsiasi motivo, può farlo. Ma deve sedersi su quella poltrona”. E ha ragione.
Il 41bis, è costituzionalmente sacrosanto invece, se lo consideriamo per ciò che era nella mente di Falcone: uno strumento per rompere i collegamenti con l’associazione criminale.
E allora, a questo punto, si capisce che non è la gravità del reato a imporre il 41bis. E quindi che c’entra che Cospito non abbia ucciso nessuno? C’entra l’esistenza di un vincolo associativo tra lui e un’organizzazione criminale. La questione non è: piccolo reato non merita il 41bis. La questione è che quale che sia il reato, la pena si sconta al 41bis se vi è collegamento con l’organizzazione all’esterno del carcere.
Fine della storia, è tanto semplice. La situazione è stata complicata da chi nell’opposizione ha parlato di dignità umana a sproposito, e da chi nel Governo ha sentito necessario mostrare i muscoli parlando di “carcere duro”.
Eppure un problema di dignità esiste…come può, un uomo che nemmeno riesce a prendere in mano un telefono per parlare un’ora al mese con moglie e figlio, essere in grado di diramare o eseguire ordini di mafia? Qualcuno dice: eh beh ma Provenzano è un detenuto eccellente! Rispondo ancora una volta con le parole del figlio: “sì! E’ prima di tutto un detenuto”.
Il problema della dignità umana va risolto affrontando l’opinione pubblica: perché togliere il 41bis ad un uomo in avanzato stato di demenza senile, è dignità. Togliere il 41bis ad un criminale in pieno rapporto con la sua organizzazione criminale, solo perché si è messo volontariamente in uno stato di malessere (sciopero fame) e perché in fin dei conti non ha commesso gravi delitti, è invece molto stupido.
Insomma, come spesso accade, nel dibattito pubblico, rispetto al 41bis stiamo parlando di fischi anziché di fiaschi, siamo scesi a Roma pensando di essere a Toma. Come abbiamo fatto a sbagliare il terreno del confronto? Confondendo il 41bis con il carcere duro: e così è passato il messaggio che se togli il 41bis a un detenuto eccellente sei un amico della mafia, se invece lo confermi a un detenuto per piccoli reati, non rispetti i diritti umani. Io, come sono certo la penserebbe Falcone, dico che il 41bis si toglie a chi non ha più e non può avere più legami con l’esterno, a prescindere dal reato. E sempre a prescindere dal reato, il 41bis si applica chi ha rapporti con organizzazioni criminale esterne.

di Andrea Bonetti

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